-10% per la campagna di trasformazione del pomodoro italiano. Anicav: “L’annata più difficile di sempre”

2022-10-27T09:56:54+02:0027 Ottobre 2022 - 09:56|Categorie: Grocery, in evidenza|Tag: , , |

Parma – Conclusa la campagna 2022 di trasformazione del pomodoro. I risultati, resi noti ieri nel corso dell’Assemblea pubblica di Anicav, la più grande associazione di rappresentanza delle imprese di trasformazione al mondo, sottolineano un calo del 10% rispetto ai risultati record registrati nel 2021 (leggi qui).

In totale, sono state trasformate circa 5,5 milioni di tonnellate di materia prima, a fronte di 65.180 ettari coltivati complessivamente (-8,5% sul 2021). In particolare, nel bacino del Nord le aziende hanno trasformato 2,89 milioni di tonnellate di pomodoro, in calo del 6,3% sull’anno precedente. In flessione anche il trasformato finale del bacino centro-meridionale, pari a 2,59 milioni di tonnellate, in riduzione del 12% sul 2021.

Le percentuali negativi registrate nel nostro Paese si inseriscono all’interno di un più ampio contesto di riduzione a livello europeo (-17,6%) e mondiale (-4,9%). Spagna e Portogallo, in particolare, hanno assistito a una flessione complessiva del 29%. Fa eccezione la Cina che, con 6,2 milioni di tonnellate, ha invece messo a segno un incremento del 29,2%.

L’Italia, terzo trasformatore al mondo di pomodoro alle spalle di Usa e Cina, si conferma invece il primo trasformatore di derivati destinati direttamente al consumo finale. Rappresenta il 14,8% della produzione mondiale, pari a 37,3 milioni di tonnellate, e il 56,5% del trasformato europeo, con un fatturato totale di quattro miliardi di euro.

Si conclude così una campagna assai complessa, come evidenziato da Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav: “Il comparto è stato letteralmente messo in ginocchio dall’aumento dei costi di produzione del tutto fuori controllo. In particolare, l’aumento del costo dell’energia è stato un colpo davvero difficile da assorbire per un sistema ad alta stagionalità come il nostro. L’incidenza di questa spesa sul conto economico aziendale è cresciuta in maniera esponenziale, passando dal 4% al 22%. Una situazione a dir poco complessa che necessita di tutta l’attenzione da parte del nuovo Governo”.

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