Lettera aperta a Giuseppe Caprotti (2)

2023-11-03T10:50:08+02:003 Novembre 2023 - 12:30|Categorie: Aperture del venerdì, in evidenza, Retail|Tag: , |

Gentilissimo,

pensavo rispondesse alla mia lettera aperta dello scorso 20 ottobre. Conteneva una serie di osservazioni sul suo libro ‘Le ossa dei Caprotti’. Evidenziavo un tono rancoroso – troppo rancoroso – nei confronti di suo padre Bernardo. E la invitavo a ripensare quanto scritto.

Sulla scorta delle numerose mail e telefonate ricevute dopo la pubblicazione della lettera, voglio ulteriormente precisare il mio pensiero. Innanzitutto non ho nulla contro di lei. Ho letto il libro, tutto, e, come giornalista, mi sono sentito in dovere di sottolineare alcuni passaggi ed evidenziare alcune, chiamiamole così, incongruenze. Ho lasciato in ombra il mio giudizio su Bernardo Caprotti che, al di là del carattere e della spigolosità, è stato un grande imprenditore. Il fondatore di Esselunga morì venerdì 30 settembre 2016, alle ore 20.45. Ho scritto volutamente ‘fondatore’ anche se lei contesta questa definizione. Bernardo Caprotti lo è stato nei fatti. La grande S è cresciuta negli anni grazie alle sue intuizioni. È diventata un punto di riferimento per tanti consumatori. Suo padre, inoltre, ha fatto la fortuna di molti imprenditori, anche piccoli. Che hanno potuto far conoscere i loro prodotti. E non hanno mai avuto problemi con i pagamenti delle loro fatture a Esselunga… Non solo. Bernardo aveva introdotto una regola: tutti i fornitori dovevano essere ricevuti dai buyer nel giro di dieci minuti da quando entravano in Esselunga. E dovevano essere trattati con correttezza e professionalità. Che differenza rispetto a taluni comportamenti odierni…

Su suo padre sono stati scritti articoli a non finire. Nel corso della sua lunga avventura imprenditoriale molti media lo hanno attaccato duramente. Gli stessi che, quando è morto, ne hanno tessuto le lodi: il grande imprenditore, le sue intuizioni geniali, la sua vision e altre amenità. Anch’io ho scritto spesso di lui ma il primo incontro personale avvenne il 24 gennaio del 2008. Era stato invitato a una cena della fondazione Costruiamo il Futuro presieduta dall’onorevole Maurizio Lupi, di cui era grande amico. Un incontro conviviale con capitani d’industria e manager brianzoli, come lui del resto. Ricordo bene quella data perché ad un certo punto ci collegammo con Roma dove era in corso una votazione sul governo Prodi. Grazie a Fausto Bertinotti (Rifondazione comunista) e Clemente Mastella (Udeur) l’esecutivo perse la maggioranza. Prodi dovette dare le dimissioni. Festeggiammo, ovvio, con Champagne…

Scambiammo quattro chiacchiere con l’intenzione di rivederci a breve. Poi più nulla. Fino a quando scoppiò il litigio in famiglia, nel 2012. Da una parte Violetta e lei, figli di primo letto, dall’altra Bernardo Caprotti. Scrissi un lungo articolo ricordando l’origine del contrasto e raccontando quanto era successo in Esselunga nel 2004. E che anche lei Giuseppe riporta nel suo libro: la vicenda delle quattro Mercedes che ho già narrato nella prima lettera. Caprotti lesse l’articolo sulla rassegna stampa. Gli piacque. Arrivò una telefonata in redazione: “Il dottor Bernardo Caprotti vorrebbe una copia della rivista Salumi&Consumi. E’ possibile averla? A pagamento, s’intende. Mandiamo subito un nostro fattorino”. Ero fuori. Mi chiamarono dalla redazione: “Che facciamo?”. Risposta: “Prima gliela date, senza fargli pagare niente. Poi andate a comprare pasticcini e un prosecchino (siamo in Brianza…)”. Il fattorino arrivò dopo venti minuti, un fulmine. Ma non è finita qui. Il giorno dopo, era il 17 maggio 2012, ricevetti un’altra telefonata, sempre da Esselunga. Suo padre ne voleva cinque copie da girare ai suoi dirigenti. Dissi di sì, naturalmente. Questa volta però mi feci mandare una richiesta scritta dall’Ufficio Comunicazione & Marketing di Esselunga. Che conservo gelosamente fra le mie carte.

Lei nel libro contesta la ricostruzione della vicenda, fatta da suo padre, in merito a presunte malversazioni dei dirigenti. Non era vero nulla, a suo parere. Prendo atto. Le ricordo solo un episodio, accaduto poco prima del 2004. Un giorno Bernardo ricevette la telefonata di un suo ex dirigente, Luigi Guaitamacchi, in pensione dalla fine del 2000: “Dottore, mi piacerebbe incontrarla”. “E perché no?”, rispose il patron. “Vediamoci da Aimo e Nadia”. Era il ristorante dove suo padre portava gli amici e le persone importanti. Guaitamacchi, una volta arrivato, mise sul tavolo due pacchettini di carta stagnola e disse: “Vede questi pacchetti? In uno c’è del parmigiano reggiano, nell’altro del prosciutto. Li ho comprati stamattina nel negozio Esselunga di piazza Ovidio, a Milano. Li provi. Ecco quello che mangiano i consumatori della catena oggi che lei non c’è più”. Bernardo aprì i pacchetti. Li annusò, addentò il formaggio. E rispose: “Il parmigiano ha un brutto sapore e il prosciutto puzza…”. E Guaitamacchi: “Appunto…”.

Grazie per l’attenzione,

Angelo Frigerio

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