“L’export del food italiano può arrivare a 120 miliardi di euro”

2024-03-22T12:53:00+02:0022 Marzo 2024 - 12:30|Categorie: Aperture del venerdì, Fiere, in evidenza|Tag: , , |

L’importanza degli eventi fieristici e la necessità di attirare gli operatori internazionali. Per competere nei mercati esteri in crescita. L’alleanza con Tuttofood e il ruolo del ‘fuorisalone’. Intervista ad Antonio Cellie, ad di Fiere di Parma. In occasione della presentazione della prossima edizione di Cibus, in programma dal 7 al 10 maggio.

Antonio Cellie è l’ad di Fiere di Parma. Con lui parliamo del prossimo Cibus, che si terrà dal 7 al 10 maggio, ma anche del progetto Tuttofood e del momento che sta vivendo il nostro export agroalimentare.

Sul piano dei risultati dell’export, come ci avviciniamo a questa edizione di Cibus?

Registriamo un +7% a valore per il 2023 e più 14% a gennaio, che, in relazione al monitor interno sulle nostre aziende, credo verrà confermato a febbraio. È un segnale molto importante. Stiamo riuscendo a fare sistema anche nel settore fieristico. La Francia e la Germania, che sono davanti a noi nell’export, possiedono anche le due fiere più grandi del settore. È inevitabile che dovessimo mettere in campo le competenze che abbiamo maturato e sviluppato insieme con l’industria alimentare per scalare e quindi avere oltre a Cibus, che è l’iconica rappresentazione della nostra produzione agroalimentare, anche un’altra manifestazione destinata a diventare una fiera globale del food.

Quali sono gli spazi di crescita?

Siamo all’interno di un contesto competitivo in cui l’atteggiamento ‘iper normativo’ della Ue comporta delle complessità che abbiamo imparato ad affrontare al meglio di quanto ci è concesso fare in questa fase. Il problema è andare fuori. È lì dove ci giochiamo le chance di scalare quei famosi 100 miliardi di euro che a mio parere sono esattamente quello che ci compete. Un Paese che produce dalla Nutella al Parmigiano Reggiano non può limitarsi a 52 miliardi di euro. La nostra potenzialità è intorno a 110/120 miliardi. Per arrivarci abbiamo bisogno di portare qua in Italia operatori internazionali overseas, soprattutto dall’Asia, per fargli vedere come lavoriamo, come nasce il nostro prodotto, qual è il suo livello di autenticità.

L’obiettivo dei 110/120 miliardi è ambizioso. Cosa manca oggi per raggiungerlo?

Mi viene in mente anzitutto la distribuzione. Bisogna rendere disponibili i prodotti nei mercati dove c’è più spazio di crescita. Quando parlo di distribuzione non sto facendo riferimento alla Gdo. Sto parlando della distribuzione intermedia, da True Bell a Dubai a BidFood in Uk fino ai vari grossisti come Sysco nel mondo. Dovremmo acquisire cioè quegli operatori non molto noti, che però cambiano completamente la prospettiva degli acquisti nei canali a noi più vicini: il dettaglio e la ristorazione. Oggi le industrie alimentari sono abbastanza grandi per poter cominciare a comprarsi – magari consorziandosi – un po’ di distribuzione, magari con il supporto dei nostri ‘fondi sovrani’. Sto parlando di operazioni scalabili che replicherebbero a livello globale il successo di quelle – poche – imprese italiane che sono cresciute proprio grazie all’acquisizione di uno o più dei loro distributori chiave.

Quanti saranno gli espositori a Cibus 2024?

Abbiamo 3mila aziende registrate e 600 in lista d’attesa. Stiamo cercando di accontentare in qualche modo tutti, inserendo a catalogo e nel business Matching chi è rimasto fuori. È ovvio che potendo contare anche su Tuttofood Milano dal 2025 potremo soddisfare tra pochi mesi anche coloro che fino a oggi non hanno trovato posto.

Le fiere rispondono ancora alle esigenze del business delle aziende?

Le fiere servono sempre di più. Come ha detto il presidente dell’Ice Matteo Zoppas “ti rendi conto dell’importanza di una cosa quando non ce l’hai più”. Durante il Covid senza le fiere ci siamo illusi inizialmente di poter rendere virtuali i rapporti. Dopo pochi mesi non vedevamo l’ora di tornare in massa alle fiere. Soprattutto per settori come quello alimentare, ma penso anche al meccano-alimentare: i numeri di Cibus e Cibus Tec lo dimostrano chiaramente. Il discorso vale per tutti gli eventi.

Ci sono fiere che durano cinque giorni. Non è meglio ridurre i giorni e lavorare di più sull’incoming dei buyer?

Cinque giorni sono indubbiamente tanti, ma sono sempre meno di sette. Voi siete abituati, quando facciamo le fiere all’estero, a partecipare a manifestazioni fieristiche di sette giorni. Si può forse calare. Cibus è di quattro. Probabilmente si potrebbe arrivare a tre. Ma sotto i tre è difficile.

Come prenderà forma l’alleanza Cibus-Tuttofood nel calendario fieristico dal 2026 in avanti?

Cibus, dopo l’edizione del 2024, passerà a quella del 2027. Sarà sempre a maggio e resterà la fiera del Made in Italy, dei territori e dei prodotti Igp. Ci sarà un’ulteriore crescita internazionale a livello di visitatori. Infatti l’alleanza che abbiamo stretto con Colonia per Tuttofood si riverbererà anche su Cibus. Oggetto dell’accordo con i colleghi di Anuga è alzare ulteriormente il livello internazionale delle nostre manifestazioni.

In che date si svolgerà Tuttofood nel 2025 e 2026?

5-8 maggio nel 2025 e 11-14 maggio 2026

Nei prossimi anni, per un’azienda italiana specializzata in prodotti Dop e Igp con una forte vocazione all’export, sarebbe più indicato partecipare a Cibus o Tuttofood?

Andrà a tutte e due. Negli anni dispari verrà a Cibus, e negli anni pari parteciperà a Tuttofood. Mi auguro e spero che così potrà risparmiare, evitando di esporre in altre fiere all’estero spesso molto costose e raramente produttive.

Cosa bisogna fare per competere con manifestazioni come Sial Paris?

Direi che per competere in generale, con Sial o Gulfood o Anuga, bisogna dare agli espositori e ai visitatori la possibilità di partecipare a un’esperienza fieristica diversa. Non puoi pensare oggi di fare una fiera e stare chiuso nel quartiere per sette giorni. Devi dare la possibilità di vivere la città contestualizzando l’evento. Per tutto il mondo il Salone del Mobile è un modello di riferimento. Noi faremo un Tuttofood che sarà uno straordinario evento mediatico, con un incredibile ‘fuorisalone’, e punteremo a dare anche agli operatori internazionali quel servizio di incoming che diamo alle aziende italiane.

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