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Stefano Patuanelli, ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, esce dall’aula del Senato e non vota la fiducia al decreto Aiuti. Un comportamento irresponsabile. Soprattutto in piena crisi energetica ed economica.

C’è un politico che, in piena crisi energetica ed economica, si permette il lusso di sbattere la porta e uscire da una votazione al Senato. Si chiama Stefano Patuanelli ed è il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali. Ieri, al momento di votare la fiducia sul decreto Aiuti del governo, del suo governo, è uscito dall’aula insieme al gruppo dei 5 stelle.

Ci ritroviamo dunque con un ministro che al posto di lavorare per tentare di risolvere i gravissimi problemi che assillano il settore agroalimentare (costi energetici, carenza di materie prime, siccità), si rende responsabile di una crisi al buio dalle conseguenze imprevedibili. Parliamoci chiaro: non è che Patuanelli abbia brillato in questo anno di permanenza al ministero. Molta partecipazione a convegni e fiere di settore, molti discorsi (scritti dal suo entourage), molte passerelle televisive. Insomma: tutto chiacchiere e distintivo. Nella classifica dei ministri dell’Agricoltura, compilata qualche mese fa (leggi qui), eravamo stati buoni. Non avendo finito il mandato avevamo lasciato in sospeso il giudizio. Ma oggi se dovessimo dare un voto, anche dopo quello che ha fatto, meriterebbe un sonoro 4.

Nato nel 1974 a Trieste ed eletto nella circoscrizione Friuli Venezia Giulia, Patuanelli è un ingegnere edile, esperto di progettazione e gestione dei processi edilizi, nonché di sicurezza nei cantieri temporanei e mobili. Di agricoltura e foreste non sa nulla e non ha mai saputo nulla. Le commissioni in cui ha lavorato da quando è stato eletto erano nell’ordine: Affari esteri, Emigrazione, Difesa, Lavori pubblici, politiche dell’Unione Europea, Beni ambientali, Diritti umani. È stato anche ministro dello Sviluppo economico nel Conte II dal settembre 2019 al febbraio 2021. Non si ricordano interventi epocali tanto che nel Draghi I viene dirottato, dal 13 febbraio 2021, alle Politiche agricole e forestali. Qui comincia a occuparsi di agricoltura, allevamenti, pesca, politica agricola comune, ippica (sì, pure di ippica) e molto altro. Se vogliamo mettergli qualche medaglietta ricordiamo il merito di aver tenuto la barra dritta sul Nutriscore e di essersi mostrato disponibile al confronto con l’industria, con un occhio di riguardo al comparto lattiero caseario. Troppo poco.

Soprattutto la fuoriuscita dall’aula del Senato, in totale disprezzo del lavoro svolto dai suoi colleghi (ma anche da lui, paradossale…) per motivi di mera convenienza politica, la dice lunga sul suo reale interesse per le sorti della nostra martoriata agricoltura. Ne prendiamo atto. A questo punto, visto che è uscito dall’aula del Senato lo invitiamo a concludere il percorso tornandosene a casa. In primis, rassegnando le dimissioni da titolare del Mipaaf, cosa che invece non ha ancora fatto. Alla faccia della coerenza. Avremmo voluto augurargli di darsi all’ippica ma poi, così facendo, c’è il rischio di ritrovarcelo fra i piedi. Meglio a Trieste. A gestire pratiche edilizie. Quel lavoro pare lo sappia fare bene. Almeno quello…

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