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Trimestre anti inflazione. Cosa può succedere?

2023-08-25T11:31:34+02:0025 Agosto 2023 - 11:50|Categorie: Aperture del venerdì, in evidenza, Mercato|Tag: , , , |

Le affermazioni di Mutti e la replica di Santambrogio. Le accuse di Urso e le ragioni di Barilla. Il blocco dei prezzi chiesto dal governo scalda gli animi in questo rovente epilogo d’estate.

 Al Meeting di Rimini di questa settimana è andato in scena il grande dibattito della stagione: quello sul trimestre anti inflazione. Che dal 1° ottobre alla fine dell’anno vorrebbe calmierare il prezzo di un paniere di prodotti di largo consumo, in accordo con la distribuzione e l’industria. E proprio su questo punto si incaglia il ‘patto’. Sottoscritto sì da una parte della distribuzione (quella cooperativa, vedi Coop e Conad), ma rigettato dall’industria. E con grande fastidio del suo ideatore: il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. Ma andiamo con ordine.

A lanciare il sasso per primo è Francesco Mutti, presidente di Centromarca. Che in apertura del Meeting afferma che “un’iniziativa di questo genere rischia di fornire ulteriore potere alla distribuzione. Che ha catene, non dimentichiamocelo, con quote di mercato non dell’1% ma del 10% e oltre, con miliardi di euro di fatturato. E un potere di vita o di morte rilevante nei confronti delle aziende. Un potere enorme e abnorme”.

Non si è fatta attendere la replica del mondo Gd, nella persona del vicepresidente di Federdistribuzione e Ad di Gruppo VéGé, Giorgio Santambrogio. Il quale rigetta fermamente ogni accusa: “In primis, all’interno del panorama europeo l’Italia è il Paese in cui c’è la maggiore polverizzazione del sistema distributivo tale per cui vi sono soltanto tre catene che hanno la quota superiore al 10%. Inoltre, vige la logica industriale del ‘divide et impera’ che molte imprese attuano nei confronti del retail italiano”. E sul trimestre anti inflazione aggiunge: “La Distribuzione non vuole prezzi dei prodotti imposti dal Governo o categorie calmierate con interventi statalisti. È inattuabile. Vuole però assecondare il disegno del Governo di far sì che l’inflazione scenda il più velocemente possibile. Ancora continuiamo a non comprendere come mai l’industria, che in altri Paesi ha aderito all’iniziativa del Governo, invece si ostini a non collaborare in Italia con la filiera. Altro che maggiore potere della Distribuzione…”

A questo punto a prendere la parola è lo stesso ministro Urso, che abbiamo interpellato direttamente nel corso del Meeting. Sul richiesto taglio dell’Iva, Urso spiega che “l’Iva l’abbiamo tagliata, e in maniera drastica, sui prodotti per l’infanzia. […] Com’è finita? Che l’Iva se la sono incamerata i produttori, che appena abbiamo approvato la legge finanziaria – così ci è stato riferito – hanno aumentato di varia entità il listino dei prezzi dei loro prodotti”. Per Urso, “si tratta soprattutto delle multinazionali, ma chiunque sia dobbiamo agire con efficacia ed efficienza, consapevoli anche dell’esperienza”. Ecco dunque che il titolare del Mimit tira in ballo le multinazionali. Ree, secondo lui, di aver siglato il patto francese ma non quello italiano a parità di condizioni. Peccato che le condizioni in Italia e Francia non sarebbero esattamente le stesse.

In primis, in Francia esiste una normativa tale per cui ad ogni variazione significativa dei prezzi delle materie prime deve corrispondere un’analoga riduzione e/o aumento dei prezzi. E come sottolinea in un articolo Luigi Rubinelli (leggi qui), verso la metà di giugno 75 gruppi (con diverse multinazionali) hanno accettato l’istituzione di un tavolo con il titolare dell’Economia, Bruno Le Maire. 39 di loro si sono impegnati a praticare ribassi dei prezzi quando il costo delle materie prime sarà di nuovo sceso di almeno il 20% rispetto a marzo 2023.

Ma con chi ce l’ha esattamente il ministro? Ma con Barilla certamente. Che con i cugini d’Oltralpe ha adottato una strategia, mentre nel nostro Paese ne ha un’altra. Nel suo caso specifico, però, Barilla commercializza in Francia pasta realizzata con grano Ue ed extra Ue, che ha dei costi ben inferiori rispetto al grano 100% italiano usato per i prodotti che commercializza qui. E questo è solo un esempio. Sarebbe quindi utile – e a mio parere opportuna – una precisa presa di posizione dell’azienda per evitare di passare da ‘affamatori’ del popolo. Se manca la pasta non possiamo dargli le brioches, Maria Antonietta dixit.

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