Diretta Cibus 2024 / Francesco Lollobrigida: “Guardiamo a un’Europa più realista e meno ideologica”

2024-05-07T09:39:59+02:007 Maggio 2024 - 09:00|Categorie: in evidenza, Mercato|Tag: , , |

Intervista a Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste. Che rimarca la straordinaria rilevanza di Cibus per la promozione dei prodotti italiani di qualità. E auspica un ruolo da protagonista per il nostro Paese anche nell’Unione Europea.

Di Andrea Dusio

In questa intervista, realizzata in concomitanza con Cibus, il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida, invita le nostre fiere a fare squadra e unire gli sforzi.

Si è detto in occasione della conferenza stampa di presentazione di Cibus al Masaf che il nostro export potrebbe raggiungere valori superiori a 100 miliardi di euro. Prendiamo a riferimento i prossimi tre anni. Quali sono gli spazi di crescita della produzione agroalimentare italiana?

Il futuro della produzione agroalimentare italiana dipende dalla capacità di continuare a innovare e investire restando fedeli alla nostra identità, alle tradizioni e a ciò che esprimono e producono i nostri territori, caratteristiche che fanno della nostra nazione un modello che ancora oggi riesce ad affermarsi in ogni angolo del territorio. C’è una presenza, visibile e forte, dell’Italia, delle nostre imprese, dell’innovazione tecnologica, della ricerca e dell’elemento che ci contraddistingue nel territorio, ovvero la qualità. In tutto il mondo c’è una grande voglia di produzioni italiane, di capire come noi produciamo, per allinearsi ai nostri standard. Dobbiamo saperci affermare ancor più sul mercato internazionale puntando sull’elemento della qualità. Anche per questo lavoriamo quotidianamente insieme a Ice, e in particolare al presidente Matteo Zoppas, per cercare di aprire più strade possibili alle nostre imprese. Devo dire che basta provarci: ci si riesce perché nel mondo aspettano l’Italia a braccia aperte.

Il dibattito sulla trasformazione delle fiere vede impegnati gli operatori a ridiscutere format, contenuti e calendari. Quale ruolo è chiamato a recitare Cibus quest’anno, e in prospettiva, come immagina idealmente la relazione tra Cibus e Tuttofood?

Cibus è un evento straordinariamente rilevante per promuovere i prodotti di qualità, che è l’elemento che contraddistingue la nostra nazione. I numeri di questa fiera ci fanno capire che l’Italia produce e fa impresa ai massimi livelli. Sono attesi oltre mille buyer da Stati Uniti, Germania, Spagna, Francia, Regno Unito e Medio Oriente. Questo significa che il mondo ha fame e sete d’Italia. L’alleanza tra Cibus e Tuttofood dimostra che le nostre fiere hanno finalmente capito che non devono farsi la guerra tra loro, ma devono fare sistema. Fare squadra, unire gli sforzi è l’obiettivo che vuole raggiungere il Governo Meloni con il Sistema Italia. Solo lavorando in questa direzione riusciremo a fare concorrenza a Francoforte, a Stoccarda, a Londra, a Barcellona, e questo significa far crescere la nostra economia, la reputazione delle nostre eccellenze e l’immagine positiva della nostra nazione sui mercati internazionali. Le fiere rappresentano un momento fondamentale di confronto e crescita. Ogni volta che partecipo a una fiera ho modo di visitare centinaia di aziende, parlare direttamente con ogni imprenditore, farmi raccontare i bisogni e confrontarmi su quello che il Governo può fare per renderci sempre più competitivi.

Ha recentemente formulato l’idea di un osservatorio europeo per i prezzi agricoli. Quali caratteristiche dovrebbe avere e chi dovrebbe tutelare?

In una delle ultime riunioni dell’Agrifish a Bruxelles, l’Italia ha chiesto di creare un osservatorio sulla trasparenza dei prezzi all’interno delle filiere: dal produttore, al distributore, fino alla persona che consuma e acquista. L’obiettivo è quello di combattere le storture che negli ultimi anni hanno pesato sulle finanze delle imprese agricole. È necessario valutare se qualcuno approfitta della propria posizione dominante, mettendo così in difficoltà quello che invece viene considerato più debole (spesso si tratta del produttore agricolo), a cui deve essere riconosciuto il giusto valore e prezzo del prodotto, che non può scendere sotto i costi di produzione. In Italia facciamo controlli serratissimi e ringrazio, soprattutto, tutte le forze dell’ordine che hanno elaborato, all’interno della Cabina di Regia, una strategia per evitare che altri stati che non rispettano l’ambiente o i diritti dei lavoratori, possano importare in Italia prodotti a prezzi che i nostri agricoltori non possono sostenere.

Siamo alle porte delle elezioni europee. La vostra azione di governo è stata sinora molto netta e trasparente nei confronti di Bruxelles. A tratti però sembra che tuttora non sia facile fare sponda e causa comune con gli altri Paesi membri. Crede che questa situazione cambierà nel nuovo parlamento?

Mi auguro che le elezioni europee portino a un’Europa diversa, più realista e pragmatica, e meno ideologica. Se ci fosse stato un po’ più di realismo nei lavori della Commissione europea in questi cinque anni, diversi problemi che oggi abbiamo sarebbero meno gravi. Dal radicalismo ideologico portato avanti dal commissario Timmermans sono derivati regolamenti che hanno colpito gli agricoltori, gli allevatori e i pescatori. L’obiettivo del governo Meloni per quanto riguarda l’agricoltura è proteggere il nostro modello di sviluppo, prima culturale e poi economico e sociale, ricollegando in maniera corretta il rapporto tra agricoltore, primo ambientalista del pianeta, e l’ambiente. Sarebbe una follia continuare a proporre regole sempre più rigide che diminuiscono le produzioni interne e ci inducono a comprare da altri, che impattano sull’ambiente in maniera molto maggiore di quanto facciano i nostri imprenditori. È inoltre necessaria una maggiore presenza italiana nei luoghi decisionali delle Commissioni dal punto di vista burocratico: parlo di quelli che poi, formalmente, scrivono le leggi, i provvedimenti. Nell’Agricoltura, ad esempio, su 50 dirigenti, solo quattro sono italiani e non in posizioni di primo piano. Abbiamo già formalizzato alla Commissione la richiesta di predisporre almeno degli interpelli per le posizioni libere. L’Italia deve essere protagonista delle politiche europee.

Il tema della carne coltivata è ancora molto caldo. Sulla legge sulla carne sintetica avete registrato uno scostamento di Bruxelles. Come intendete muovervi per tutelare i consumatori italiani?

La nostra posizione sulla carne sintetica è stata chiara sin da subito, pertanto anche la nostra opposizione a questo tipo di produzione. Sulla carne coltivata abbiamo votato in Italia la legge, siamo la prima nazione al mondo che non vieta la ricerca ma applica il principio di precauzione, impedendo la commercializzazione e produzione di qualcosa di cui sappiamo ancora molto poco. 14 nazioni in Europa hanno sostenuto ufficialmente la posizione del Governo Meloni, altre cinque lo hanno fatto nelle discussioni. Oltre all’Italia, esistono già nazioni nelle quali è stato presentato un testo di legge simile a quello italiano. La Francia, ma anche la Slovacchia, hanno annunciato di voler arrivare allo stesso nostro modello. Al di là dell’Atlantico, negli Stati Uniti esistono già stati che vietano questo tipo di promozione e di commercializzazione, oltre che di produzione, che è un qualcosa di distante dalla nostra cultura che fa della qualità un elemento base e intimamente connesso con la produzione del cibo. L’Italia non solo non è isolata, ma è in grado di essere all’avanguardia rispetto alla protezione delle nostre filiere agricole e delle persone che vogliono acquistare prodotti di qualità. Gli alimenti realizzati in laboratorio sono un potenziale pericolo per la salute, per il lavoro, per l’ambiente, per la cultura e per l’identità dell’Unione europea. L’Italia non si accontenta di cibo per tutti, ma vuole buon cibo per tutti.

 

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